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Lo slow tourism che fa crescere

09-06-2021 13:57

Francesco Grauso

Parliamo con, Turismo, associazione, slow tourism, territorio, crescita, sviluppo,

Lo slow tourism che fa crescere

Il turismo lento, fatto di contatto umano diretto, di conoscenza del territorio e di avventura come strumento per la crescita non solo personale.

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Domenico Iadevaia è un farmacista di 31 anni. Da 3 anni è amministratore di una parafarmacia e socio al 50% di una società che gestisce due negozi di toelettatura veterinaria. Non avendo più a disposizione tutto il tempo che da ragazzino spendeva nel volontariato, in particolare seguendo e promuovendo iniziative organizzate dal movimento dei focolari, cerca di impegnarsi nello stimolare nuove possibilità economiche per il proprio territorio, certo che solo creando lavoro si possa rigenerare la comunità.

Questa terra è una cittadina in provincia di Caserta, Maddaloni, che è anche la mia città natale. In questa intervista Domenico ci racconta come il turismo lento può essere una fonte di sviluppo e di crescita.

 

 

Come è nata l’idea di fondare APS Lumaca?

Perché e cos'è lo slow tourism?

Regalaci uno dei momenti che ti hanno spinto a fondare questa associazione.

 

I momenti sono davvero tanti, perché nati da incontri che mi hanno ispirato e motivato. 

Il primo risale al 2017 e fu con un viaggiatore che dal Galles a piedi stava attraversando tutta l’Italia per arrivare a Brindisi, passando per la via Francigena. Una storica via che passa proprio per Maddaloni. Per me quella fu un’occasione per poter praticare l’inglese. Ma la cosa che più di tutte mi stupì fu l’apertura e l’accoglienza dei miei genitori, che senza nessun problema ospitarono questo sconosciuto in casa.

 

Da allora, in modo spontaneo e senza una particolare organizzazione, abbiamo accolto oltre 60 persone che praticando lo slow tourism sulla via Francigena si sono ritrovate a passare per la città di Maddaloni. 

 

Un altro incontro importante che mi ha influenzato molto è stato quello con un turista francese che stava facendo un viaggio che l’avrebbe portato a Tunisi, poi Messina e fino a Lampedusa, allo scopo di voler sperimentare direttamente il punto di vista dei migranti. 

Lo slow tourism è proprio questo: un esercizio di immedesimazione, perché il viaggiare attraverso il cammino a piedi è un’esperienza personale, intima in cui non conta la destinazione ma il cammino stesso.

Da lì è nata l’idea di tenere un diario con tutte le dediche dei turisti che seguendo la via Francigena fossero passati per Maddaloni. E ognuno di essi ha contribuito ad alimentare la mia convinzione che il turismo lento sia un ottimo strumento per la crescita del territorio maddalonese. Perché da esso si può generare uno sviluppo che coinvolge anche altri settori, come la ristorazione, la logistica, i trasporti. È davvero una chance per il nostro territorio. 

Così intorno alla via Francigena si è creato un gruppo informale di borghi vicini che vogliono spingere e promuovere il turismo lento nel territorio e da esso generare ricchezza, nel senso più ampio del termine. 

 

Come la tua professione alimenta questa associazione? E quanto questa associazione ti aiuta nel tuo essere professionista in un settore completamente diverso?

 

La fondazione di APS Lumaca, insieme ad altri 6 amici, mi ha dato l’opportunità di conciliare e alimentare le due anime che vivono in me. Quella del Domenico imprenditore e farmacista che ha la responsabilità di far quadrare i conti, di far crescere la propria attività, di amministrare in modo corretto. E poi c’è quella del Domenico che vuole impegnarsi socialmente, perché abituato a farlo fino da adolescente grazie al movimento dei focolarini, esperienza che mi ha permesso di sperimentare e vivere in prima persona cosa sia l’accoglienza dell’altro. 

 

APS Lumaca mi aiuta a vivere meglio la mia professione,

perché so che è lo strumento per alimentare la mia inclinazione al sociale e poi soprattutto perché posso vivere appieno la mia personale mission verso il territorio: vederlo crescere e far fiorire nuove opportunità per chi vi nasce. 

Come è organizzata dal punto di vista comunicativo, promozionale e operativo? Perché hai scelto di fondare un’associazione basata sul turismo proprio durante la pandemia?

 

In tutto siamo in 7. Io mi occupo degli aspetti relazionali. Un gruppo si occupa della promozione digitale e un altro si occupa degli aspetti burocratici e amministrativi. Al momento è gestito tutto da volontari che donano tempo e competenze e l’associazione si sostiene attraverso eventi di raccolta fondi e tramite il tesseramento. 

 

La pandemia in generale per il turismo ha rappresentato una vera battuta d’arresto, generando una profonda crisi economica, ma ha anche aperto a nuove opportunità. Tra queste c’è proprio quella dello slow tourism. Il lungo periodo di reclusione ha fatto scoprire il piacere della passeggiata e delle piccole cose, spingendo le persone sempre più verso ciò che è lento e introspettivo. È molto diffuso tra gli stranieri, e il nostro obiettivo è quello di farlo conoscere anche in Italia, promuovendo la sua diffusione e attraverso esso far conoscere le bellezze del territorio casertano e campano in generale.  

 

Prima di fondarla hai avuto modo di confrontarti con altri enti (comune, associazione del territorio, aziende)? Perché hai scelto un territorio come quello della provincia di Caserta? Che relazioni ci sono tra il territorio e il turismo, la tua concezione di turismo? 

 

All’inizio da parte di alcuni enti pubblici ho incontrato un po’ di indifferenza, dettata forse da un atteggiamento miope, ma poi dopo che sono state organizzati i primi eventi c’è stata una buona partecipazione e un’apertura reale. 

Grande supporto è arrivato da altre associazioni private, prime fra tutte i Rotaract di Maddaloni e di Valle di Suessola, che attraverso APS Lumaca, hanno trovato un modo concreto per essere ancora più incisivi e presenti sul territorio. Insieme stiamo costruendo nuovi progetti. 

Siamo riusciti anche a creare una vera e propria partnership con un’altra associazione campana, Animerranti, che organizza eventi ed escursioni sul territorio regionale e in zone limitrofe, con la quale è nata una bella relazione per un nuovo progetto di slow tourism. 

 

Quali sono le prospettive future? 

 

Proprio la partnership con Animerranti ha avviato un nuovo progetto per la promozione del turismo lento, individuando un’alternativa alla via Francigena. Il progetto si chiama Via Felix - L’anello oltre la Reggia. 

 

È un progetto che vuole stimolare una fetta del milione di turisti che ogni anno visita la Reggia di Caserta. Di questi solo 30 mila visitano anche i borghi del casertano, come San Leucio o Caserta Vecchia. Allora ci siamo chiesti come approfittare di questa importante opportunità che il territorio ci offre. Da questo spunto è nato il nuovo  cammino della via Felix. Un cammino ad anello di 52 km nella provincia di Caserta che conduce alla scoperta di luoghi dal fascino unico, sia storico-culturali, sia naturalistici.

 

Il nome è nato da un intenso confronto con tutti i soci, che sono stati coinvolti in modo attivo, sia per via digitale che dal vivo, proprio per la scelta del nome, ed è il risultato di un lavoro di 8 mesi. Un lavoro che ha coinvolto tutti.  Quello della Via Felix è un primo anello che si può ulteriormente allargare, in modo tale da toccare e inserire più comuni e così ampliare l’azione sociale ed economica di APS Lumaca. 

Il mio sogno è quello di far crescere il mio territorio attraverso il turismo, al punto da non dover vedere andar via i miei amici dalla propria terra perché in essa non trovano un lavoro e la possibilità di un futuro.


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